Le elezioni europee del prossimo 25 maggio rischiano di trasformarsi in una competizione tra forze favorevoli all’integrazione europea e formazioni euroscettiche. L’esito delle ultime elezioni amministrative francesi rafforza questi timori ma allo stesso tempo costituisce una sfida per quanti credono nel progetto europeo. Le Acli hanno aderito all’Iniziativa dei Cittadini Europei per un piano straordinario europeo per lo sviluppo sostenibile e l’occupazione, insieme a forze sociali e sindacali di vari Paesi europei, con cui sosteniamo che “non siamo più disposti ad accettare questa Europa della disoccupazione, del lavoro precario e sottopagato, del taglio delle protezioni sociali, della povertà crescente, del declino economico e sociale, della fine delle speranze”.
Non vogliamo che l’Europa sia unità nella povertà, ma nella solidarietà, nello sviluppo sostenibile, nella democrazia. L’Europa attuale con 120 milioni di poveri o a rischio di esclusione sociale ed una classe media in caduta libera, invoca politiche di sviluppo ed il superamento di una austerità fine a se stessa, nociva tanto sul piano sociale che su quello economico. Le Acli sostengono con decisione la necessità di una svolta politica di questa portata con tutto ciò che ne consegue per rendere concreto questo intento.
L’Europa ha un futuro se saprà continuare a difendere e ad affermare il suo patrimonio di valori e di leggi a tutela degli interessi economici europei, della salute dei consumatori, della dignità del lavoro. In particolare le Acli invocano l’adozione di una certificazione sociale dei prodotti che vengono immessi nel mercato comunitario, che attesti che in tutta la sua filiera produttiva un prodotto non sia stato realizzato facendo ricorso al lavoro schiavo. Occorre altresì perseguire l’obiettivo di una riduzione in Europa degli squilibri riguardanti il costo del lavoro ed i regimi fiscali non solo fra Paesi Ue ma anche con gli altri stati legati da accordi di associazione, come la Confederazione Elvetica. La latitanza della politica su questi temi conduce a situazioni come quella che ha reso possibile il referendum svizzero del febbraio scorso sull’immigrazione. La Fai ha condiviso il rammarico delle Acli della Svizzera sull’esito di quel voto, ed è a fianco dei cittadini italiani che lavorano in territorio elvetico, e dei lavoratori frontalieri, ed auspica che le relazioni fra Berna e Bruxelles possano al più presto superare i problemi posti da questo referendum, riaffermando il diritto alla libera circolazione delle persone.
Ma in questo delicatissimo passaggio storico vi sono altre sfide decisive che investono l’Europa. Una riguarda l’accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Unione Europea (TTIP), con il rischio di veder aggirate le norme europee sul lavoro, sulla salute, sull’ambiente, sugli ogm, sacrificate sull’altare degli interessi delle multinazionali e delle grandi banche d’affari. L’Europa, rafforzata dall’adozione di una moneta unica, che deve esser gestita però in modo più solidale, deve decidere sulla sua autonomia, se vuole ancora essere un soggetto in grado di partecipare alla gestione multipolare della politica mondiale, o se invece, rinunciando alla propria missione ed ai propri interessi, si farà assorbire in una pericolosa nuova polarizzazione del mondo i cui prodromi si sono avvertiti nelle vicende che hanno scosso l’Ucraina. L’Europa deve soffocare sul nascere questi germi di nuova guerra fredda, per non fare da teatro ancora a tragedie come quelle avvenute nei Balcani. Il dialogo ecumenico e quello interreligioso possono grandemente contribuire alla pace e all’unità del nostro continente, insieme al rilancio del progetto di uno spazio economico comune con la Russia, un mercato da Lisbona a Vladivostok. La geografia, i nostri interessi, il nostro futuro ce lo chiedono.
Gianni Bottalico, presidente Acli-Fai