Trasferimento in Svizzera e dichiarazione al fisco italiano
Buongiorno. Mi sono trasferita in Svizzera nel gennaio dell’anno scorso ed ho provveduto all’iscrizione nel registro AIRE solo poche settimane fa. Sono tenuta per questa ragione a dichiarare il mio reddito al fisco in Italia? Eventualmente, in base all’accordo contro la doppia imposizione, dovrei dare una differenza allo Stato Italiano? Sono alla mia prima occupazione e ho un permesso B.
Grazie e saluti
Maria
Gentilissima,
grazie per la domanda che ci dà l’occasione di mettere in luce due punti importanti che riguardano tutti i connazionali all’estero ed in particolare i nuovi arrivati.
L’iscrizione all’AIRE è un diritto/dovere che sussiste nel momento in cui si preveda di soggiornare nel Paese estero per più di un anno, cioè, come nel suo caso, quando si entri in possesso di un permesso B. A tal fine, entro il termine di 90 giorni, occorre inoltrare richiesta al Consolato territorialmente competente. La richiesta va effettuata attraverso il portale Fast.it oppure compilando l’apposito modulo reperibile sul sito del Consolato di riferimento ed allegando la documentazione che provi l’effettiva residenza in Svizzera (ad es. permesso B) e copia di un documento d’identità. Iscrizione è gratuita e non è in alcun modo sanzionata quella tardiva (almeno direttamente). Tuttavia, in ossequio al principio di collaborazione e buona fede nei rapporti fra cittadino e pubblica amministrazione, recentemente introdotto nella legge 241/90, ed anche al
fine di prevenire situazioni di incertezza del diritto, come nel suo caso, è fortemente consigliato annunciarsi al Consolato nei termini e con le modalità pocanzi citate.
Infatti, venendo alla questione da lei posta, occorre comprendere preliminarmente che nel campo delle
imposte dirette non esiste un accordo mondiale sui principi di tassazione. Gli Stati tendono, in linea generale, ad ampliare al massimo la propria sovranità fiscale applicando ai residenti il principio della residenza e ai non residenti il principio della fonte. Anche a livello europeo non esistono norme che stabiliscano come tassare il reddito dei cittadini dell’UE che vivono, lavorano o soggiornano in un paese diverso dal proprio.
Tuttavia, il paese in cui si risulti residente ai fini fiscali può tassare il suo reddito complessivo mondiale, che
derivi da lavoro o da capitale. A complicare ancora di più il quadro sta il fatto che ciascun paese ha la sua definizione di residenza fiscale.
In Italia il concetto di residenza fiscale (art. 2 co. 2 del TUIR), viene ancorato a tre condizioni alternative:
residenza anagrafica, domicilio civilistico o residenza civilistica. Viene da sé che la determinazione della residenza fiscale in Italia è sempre stata strettamente connessa alla formale iscrizione all’AIRE. Benché l’art.4 della Convenzione ITA-CH stabilisca dei criteri di risoluzione nel caso in cui ciascuno dei due Stati considerino la persona fisica come proprio residente fiscale, l’Amministrazione finanziaria italiana e la Suprema Corte di Cassazione continuano ad riconnettere all’iscrizione anagrafica la presunzione assoluta di residenza in Italia, senza possibilità di prova contraria, con tutti gli obblighi fiscali che ne conseguono.
In realtà, lo stesso concetto italiano di residenza fiscale, nella misura in cui da rilievo determinante al dato formale dell’iscrizione all’AIRE, è incompatibile con quello di cui alla Convenzione. Infatti, ai fini della Convenzione, “l’espressione «residente di uno Stato contraente» designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga”. Orbene, il criterio dell’iscrizione all’AIRE, in quanto meramente formale, non può dirsi avente natura analoga a quella sostanziale della residenza o del domicilio, anche accolti dal codice civile italiano. Pertanto tale norma, nella
misura in cui attribuisce rilievo determinante all’iscrizione all’AIRE , è palesemente in contrasto con la Convenzione contro le doppie imposizioni.
D’altro canto le Autorità italiane considerano l’iscrizione all’AIRE presso un paese a fiscalità privilegiata, come la Svizzera, non sufficiente per il trasferimento della residenza fiscale. In questo caso, la persona dovrà dimostrare che non si tratta di un trasferimento fittizio, cioè fatto a fini elusivi.
Inoltre, della contraddittorietà in termini della definizione di residenza fiscale nostrana rispetto a quella internazionale in realtà il legislatore ne è pienamente consapevole e lo riconosce espressamente. La legge finanziaria 2021 stabilisce che, ai fini del godimento del regime di tassazione super agevolato per i ricercatori che decidano di rientrare in Italia, non è richiesta l’iscrizione all’AIRE per i due anni precedenti di attività all’estero “purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi”.
In considerazione di quanto detto, in base alle peculiarità del suo caso, non essendo inoltre mai stata in Italia soggetto passivo d’imposta e visto il nuovo orientamento dell’Agenzia delle Entrate in base al quale la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisce il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato, le consigliamo di non preoccuparsi di un’eventuale pretesa impositiva da parte del fisco italiano.
Salvatore Crisogianni
Patronato ACLI Lucerna